Le vene varicose, o varici, secondo quando stabilito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono delle dilatazioni delle vene dalla forma anomala, soprattutto negli arti inferiori del corpo. Ma come insorge questo problema? Quali sono i migliori modi per prevenirlo e curarlo?
Le cause
Le vene varicose sono una patologia particolarmente diffusa a livello mondiale che interesse sia le donne che gli uomini. Ad incidere sulla sua insorgenza, sembra anche l’età, dato che, almeno in Italia, i soggetti più colpiti sono i soggetto con età superiore ai sessant’anni.
La predisposizione genetica e l’età, tuttavia, sono solo due dei fattori che possono provocare questo problema, e tra le altre cause si possono includere:
- l’obesità, che incide sulla circolazione del sangue e anche sul suo ritorno venoso;
- la stitichezza, per lo stesso motivo dell’obesità;
- alterazioni congenite delle vene, che possono presentarsi fin dalla nascita;
- l’ortostatismo prolungato, ovvero lo stare in piedi troppo a lungo;
- stare troppo tempo seduti, perché anche in questo caso si rallenta la circolazione del sangue;
- la gravidanza, in quanto l’aumento di peso, proprio come nel caso dell’obesità, influisce sul ritorno del sangue nelle vene facendole circolare più lentamente;
- eccessiva esposizione al calore;
- calzature sbagliate, in particolare tacchi alti o scarpe strette, in quanto rallentano la circolazione e possono portare anche a una postura scorretta;
- una dieta sbagliata, soprattutto se ricca di cibi grassi e/o piccanti, alcool e caffè;
- abitudini sbagliate, come il non praticare un’attività fisica regolare o fumare.
Gli stadi e i sintomi della malattia
Oltre ad una forma abnorme, le vene varicose possono provocare altri sintomi come la una sensazione di gonfiore o indolenzimento alle gambe, dolori nello stare seduti o in piedi troppo a lungo, pruriti nell’area della varici e crampi notturni.
Le varici si possono classificare in tre tipologie, ossia:
- varici tronculari, che coinvolge le vene Sefane, ovvero i grande vasi venosi sottocutanei che partono dal piede e percorrono tutto l’arto inferiore, fino alla zona dell’inguine;
- varici reticolari, nelle quali sono coinvolti le ramificazione delle Sefane;
- microvarici, o teleangectasie, che sono delle dilatazioni innocue, di un colore rossastro o bluastro, che si possono verificare con infiammazioni o cambiamenti ormonali.
Le vene varicose si possono distinguere anche in altri modi, ovvero primitive, quando non c’è una causa precisa, ma il problema può essere dovuto a più fattori, e quelle secondarie, dovute a problemi più gravi, come una sindrome dovuta alla trombosi.
Gli stadi di questa patologia, invece, sono tre: nella prima il problema è ancora compensato, nella seconda comincia a manifestarsi una iperpigmentazione, ovvero si presentano macchie di un colore marrore, mentre nel terzo stadio possono comparire fibrosi ed ulcere, nonché riduzioni o mancanza di ossigeno.
Come prevenire e curare le varici
Evitare l’insorgenza delle vene varicose è possibile, mantenendo uno stile di vita corretto. Ciò include fare una dieta sana, ricca soprattutto di frutta e verdure, nonché povera di grassi, in modo da evitare problemi come il sovrappeso e l’obesità, e fare regolare esercizio fisico, in modo da stimolare il metabolismo e con esso la circolazione del sangue.
E’ bene, inoltre, evitare di indossare calzature scomode o troppo strette, nonché stare troppo a lungo in piedi o seduti. Chi fa un lavoro che costringe troppo in una delle due posizione, farebbe quindi bene a ritagliarsi dei momenti di pausa in cui sedersi o alzarsi. Quando si dorme, poi, si dovrebbe cercare di tenere i piedi e gli arti inferiori sollevati.
Questi comportamenti si possono adottare anche quando si devono curare le varici, ma a seconda dello stadio in cui si trova la patologia possono non bastare e si devono ricorrere ad altri trattamenti. Tra questi, si possono includere quelli conservativi, che possono includere l’uso delle calze o bendaggi elastocompressivi, da indossare per il periodo indicato dal medico, oppure delle terapie farmacologiche, a base di farmaci antinfiammatori, o che possono ridurre gli edemi o evitare la formazione di trombi o stasi del sangue.
Tra le terapie conservative, possono essere inclusi anche dei rimedi naturali, come degli impacchi o delle creme a base di erbe, come il pungitopo, dalle proprietà antinfiammatorie e vaso-protettive, la vite rossa, flebotonica ed antiossidante, l’ippocastano, che favorisce il drenaggio linfatico, o la centella asiatica, che stimola il microcircolo. Per scegliere il rimedio giusto da applicare, anche in questo caso, è bene farsi consigliare dal proprio medico, soprattutto per sapere per quanto tempo dover adottare questi rimedi.
Ci sono, poi, i trattamenti ablativi mini-invasivi, che includono l’uso di strumenti come il laser o la radiofrequenza. Una di questi è la scleroterapia, che consiste nell’iniettare nelle vene delle sostanze chimiche che evitano le formazioni di trombi, ed è utile se le vene più colpite sono piccole, come quelle reticolari. Tuttavia, anch’essa può presentare degli effetti collaterali, come bruciori o crampi dolorosi, dei lividi temporanei, temporanee chiazze rosse o linee marroni attorno all’area trattata. Se fatta nello stadio giusto della malattia, tuttavia, i pazienti possono ottenere dei miglioramenti del 50-80 %.
Se i primi due tipi di trattamento falliscono, può essere necessario optare per quelli più invasivi, che comportano degli interventi chirurgici. Uno di questi è la flebectomia, che consiste nel rimuovere dei tratti venosi dalla varice.
Per effettuare occorre sottoporre al paziente ad un’anestesia locale e fare un intervento di microchirurgia, che comporta l’uso di appositi uncini. Dopo l’intervento, è necessario che il paziente indossi delle collant a compressione graduata, e tornare a casa dopo qualche ora. Per le altre attività, invece, è bene aspettare uno o due giorni.
Un altro intervento che si può citare è la valvuloplastica, che consiste nel di riavvicinare i lembi della valvola della Safena all’inguine, in modo che torni a funzionare correttamente. Per fare ciò, occorre utilizzare una piccola protesi morbida, prodotta in Australia, e tale tecnica sembra poco traumatizzante per il paziente, in quanto è meno invasiva e cruenta, anche se occorre sempre effettuare l’anestesia locale. Tuttavia, essa non è sempre praticabile e si può andare incontro a delle recidive.